domenica 20 dicembre 2015

OSTIA, LE “SPIAGGIE” DEL PD E L’EMENDAMENTO ALLA LEGGE DI STABILITA’

Il problema degli imprenditori balneari definiti “concessionari pertinenziali” esiste dal 2007 e lo ha creato lo Stato. Non è un problema di abusivismo, di criminalità, di illegalità, ma è un problema fiscale. Tutti i partiti lo hanno sempre denunciato chiedendo di risolverlo per salvare dal fallimento centinaia di imprenditori balneari. Il PD invece, intervenendo adesso
a dicembre 2015 in ambito di Legge di Stabilità, ha approfittato del problema, introducendo nella legge un emendamento a favore di tutti i balneari, poi riformulato in sede di testo finale (14 dicembre 2015), ma che inizialmente così recitava: “…fino al 31 dicembre 2016 sono sospese le decadenze, nonché gli eventuali procedimenti amministrativi, avviati dalle amministrazioni competenti, concernenti il rilascio, la sospensione, la revoca o la decadenza della concessione demaniale marittima derivanti dal mancato versamento del canone, e relativi effetti” (pubblicato nel Bollettino delle Giunte e Commissioni del 06/12/2015). In questa frase non c’era alcuna restrizione ai soli “concessionari pertinenziali“. Forse solo così si capisce perché il senatore Stefano Esposito (PD), intervenendo sull’argomento telecomandato da Matteo Orfini (presidente PD), ha scritto ‘spiaggie’ con una imbarazzante ‘i’ di troppo, la ‘i’ di ‘interessi’ ‘illegittimi quando non illeciti’. Interessi ai quali il PD da 2 anni a questa parte sembra essersi dedicato con particolare attenzione, soprattutto ad Ostia, dove si adopera per creare evidente confusione. D’altronde Stefano Esposito, personaggio sconosciuto alla politica, è diventato ‘famoso’ nel suo breve Assessorato alla Mobilità presso il Comune di Roma (materia a lui ignota) per le bestemmie in Aula Giulio Cesare, per aver intonato il coretto juventino “Roma merda”, per essere diventato un troll su twitter e facebook contro il M5S e per esser stato condannato per diffamazione verso i NoTav. Insomma, l’ultima ‘sbrodolata’ di Esposito serve solo per gettare fumo e far ‘caciara’ con l’obiettivo di mascherare gli interessi del PD sulle spiagge. Vediamo perché.

LA QUESTIONE DEI CANONI DEMANIALI RIVISTI NEL 2007
Con la legge finanziaria del 2007 (art.1 comma 251 legge 296/2006) sono state introdotte nuove modalità di calcolo dei canoni demaniali marittimi per finalità turistico/ricreative.
Con una serie di circolari dell’Agenzia del Demanio e del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sono state stabilite le ‘linee guida’ per la determinazione del canone demaniale relativamente all’individuazione e quantificazione delle superfici demaniali sulla base delle seguenti tipologie: area scoperta, area di facile rimozione, area di difficile rimozione, pertinenze demaniali non soggette a canone OMI, pertinenze demaniali soggette a canone OMI e specchi d’acqua. Per ‘pertinenza demaniale’ si intende una costruzione (bar, ristorante, etc.), realizzata dal privato in area di concessione, che risulta però acquisita dallo Stato. Quelle soggette al canone OMI sono quelle destinate ad attività commerciali, terziario/direzionali e di produzione di beni e servizi.
Ricordiamo che l’Osservatorio del Mercato Immobiliare (OMI) è l’organo dell’Agenzia delle Entrate che cura la rilevazione e l’elaborazione delle informazioni di carattere tecnico-economico relative ai valori immobiliari e al mercato degli affitti. Dunque, per canone OMI, si intende che a un ristorante, a un bar, a una palestra costruita su demanio marittimo deve applicarsi, come coefficiente, lo stesso valore di mercato rilevato dagli esercizi equivalenti della stessa zona e che non insistono su aree demaniali.

ACQUISIZIONE ALLO STATO DELLE OPERE INAMOVIBILI REALIZZATE NELL’AMBITO DI UNA CONCESSIONE DEMANIALE MARITTIMA
Le ‘pertinenze demaniali’ soggette a canone OMI sono opere spesso, per loro natura, ‘non amovibili’: bar, ristoranti, palestre, negozi, etc. che sono state acquisite, gratuitamente,
dallo Stato. Infatti l’Agenzia del Demanio impone che alla scadenza di una concessione demaniale, l’acquisizione (accessione gratuita) allo Stato delle opere ‘non amovibili’ in essa
comprese avvenga ‘ipso iure’ cioè senza la necessità dell’adozione di alcun ulteriore atto, salva la facoltà dell’autorità concedente di ordinarne la demolizione. Non è previsto alcun
rimborso o compenso all’ex-concessionario. Ciò avviene mediante un atto di incameramento, che consiste nella redazione del ‘testimoniale di stato’ e del ‘verbale di contestazione’ delle opere ‘non amovibili’. Il passaggio delle opere ‘non amovibili’ allo Stato si chiama ‘devoluzione’. Da qui l’importanza tra rinnovo e proroga di una concessione. Il rinnovo segna la scadenza della precedente concessione e dunque l’incameramento delle opere ‘non amovibili; la proroga presuppone la continuazione del rapporto in corso e dunque non c’è incameramento. In realtà la legge che fino ad oggi ha consentito il rinnovo automatico delle concessioni ha introdotto un regime derogatorio che in sostanza esclude l’incameramento, uguagliando il rinnovo automatico alla proroga. E’ chiaro che in fase di incameramento esiste una molteplicità di casi: si deve valutare se un’opera è veramente inamovibile, se è in buono stato di conservazione o se conviene demolirla e così via.

IL PROBLEMA
Il problema è come considerare le opere di difficile rimozione (‘non amovibili’) realizzate in aree in concessione che, alla scadenza del titolo, non siano state formalmente incamerate tra le pertinenze demaniali mediante redazione di specifico verbale e relativo testimoniale di Stato (atto di incameramento). Ciò è all’origine della disparità dei pagamenti tra le concessioni che hanno al loro interno beni incamerati (pertinenze dunque soggette anche al canone OMI, secondo gli aumenti previsti dalla finanziaria del 2007) e concessioni che non li hanno. Le prime, vengono chiamate “concessioni pertinenziali” proprio perché nel canone da pagare la quota dovuta alle pertinenze è quella più rilevante. Il problema delle pertinenze demaniali, con canoni aumentati del 300% o 1500% in un anno (dal 2006 al 2007), ha mandato e sta mandando in fallimento centinaia di imprenditori balneari italiani che prima pagavano poco e ora pagano troppo.
Una recente sentenza del TAR della Toscana n.328 del 27 febbraio 2015 ha stabilito che i beni edificati dal concessionario su area demaniale sono in proprietà superficiaria del
concessionario e non sono quindi di proprietà demaniale, dunque non sono pertinenze demaniali e quindi non sono soggette al canone OMI, ma a quello tabellare. In questo modo, si è definitivamente sancita la disparità con i concessionari pertinenziali, che devono pagare canoni insostenibili e che, a causa di ciò, stanno per vedersi revocata la concessione stessa proprio per il mancato pagamento del canone.

IL CAOS INTRODOTTO DAL PD
Mentre da anni si discute tale problema in ogni sede senza venirne a capo, a partire dall’estate 2013 (dopo gli arresti per mafia sul Litorale romano e dopo l’arresto del presidente del X Municipio, Andrea Tassone, PD), il PD ha imbastito un’azione di fanatismo nel nome della “Legalità” dando dei ‘mafiosi’ a tutti i concessionari balneari e considerandoli abusivi per aver costruito in maniera, a loro dire, illegale sul demanio marittimo. Poiché il litorale di Roma è, per decentramento amministrativo, governato proprio dal X Municipio, sono partite da Ostia le finte ‘ruspe della legalità’, si sono aperti finti varchi a mare e si sono operati, fino a novembre 2015, finti sequestri per presunti abusi edilizi, mai convalidati da un GIP, su bar, ristoranti e locali degli stabilimenti balneari (nessuno in realtà mai incamerato). Tutto orchestrato a livello mediatico dal Sen.  Stefano Esposito, telecomandato da Matteo Orfini, in veste di commissario del PD di Ostia. Obiettivo, indebolire il potere delle associazioni dei balneari di Ostia. Peccato che Orfini sia stato evidentemente messo all’oscuro su quello che il partito, che lui stesso presiede, stava facendo alla Camera in ambito di Legge di Stabilità.
Infatti è accaduto qualcosa di incredibile a inizio dicembre 2015.
Nel testo approvato dalla V Commissione Bilancio della Camera (A.C. 3444-A) della Legge di Stabilità 2016 (nuovo nome della legge finanziaria), è comparso il 6 dicembre 2015 il
seguente emendamento (pubblicato nel Bollettino delle Giunte e Commissioni del 06/12/2015):
Dopo il comma 256, aggiungere il seguente:
256¬bis. Nelle more del riordino della materia previsto dall’articolo 1, comma 732, della legge 27 dicembre 2013, n.147, fino al 31 dicembre 2016 sono sospese le decadenze,
nonché gli eventuali procedimenti amministrativi, avviati dalle amministrazioni competenti, concernenti il rilascio, la sospensione, la revoca o la decadenza della concessione demaniale marittima derivanti dal mancato versamento del canone, e relativi effetti. Fino alla medesima data del 31 dicembre 2016 sono sospesi i procedimenti amministrativi finalizzati alla devoluzione delle opere non amovibili di cui all’articolo 49 del regio decreto 30 marzo 1942, n. 327.
[nr. di presentazione: 27.46; presentatori Pizzolante (AP), Arlotti (PD), Giacobbe (PD), Capone (PD), Sani (PD)]

Dunque, non si diceva esplicitamente di voler salvare i ‘concessionari pertinenziali’, bensì si chideva di sospendere la devoluzione delle opere non amovibili nel caso di mancato
pagamento del canone (quindi una regola che vale per tutti i concessionari), che estendeva di fatto a tutta la categoria dei concessionari balneari l’impunità in caso di mancato
pagamento del canone. Il M5S a questo punto ha accusato il 15 dicembre il PD di fare il doppio gioco con i balneari, perché se da una parte il PD, capeggiato da Esposito, li definisce ‘mafiosi’ ad Ostia, dall’altra avrebbe consentito con l’emendamento che, in assenza del pagamento del canone, nulla potesse accadere nei loro riguardi.
Peccato che il 14 dicembre tale emendamento (pubblicato nel Bollettino delle Giunte e Commissioni) fosse già stato riformulato, riportando la questione nei giusti termini:

Dopo il comma 256, aggiungere il seguente:
256­bis. Sino alla data del 30 settembre 2016, entro la quale si provvede al complessivo riordino della disciplina dei canoni demaniali marittimi, i procedimenti amministrativi
pendenti alla data del 15 novembre 2015, avviati dalle amministrazioni competenti per il rilascio, la sospensione, la revoca e la decadenza di concessioni demaniali marittime con
finalità turistico­ricreative, con esclusivo riferimento a quelle inerenti la conduzione delle pertinenze demaniali, derivanti da procedure di contenzioso connesse all’applicazione dei
criteri per il calcolo dei canoni di cui all’articolo 1, comma 251, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, sono sospesi. La disposizione di cui al presente comma non si applica per i
beni pertinenziali che risultano comunque oggetto di procedimenti giudiziari di natura penale. [nr. di presentazione: 27.46; presentatori Pizzolante (AP), Arlotti (PD)]

A questo punto il “coupe de theatre” di Stefano Esposito: il 17 dicembre, nonostante non sapesse nulla di quanto fosse accaduto sino ad allora, accusa il M5S di non sapere a sua volta dell’emendamento riformulato! e dichiara di essere “incredulo per un’iniziativa incomprensibile“che “testimonia una mancanza di regia politica” sul tema da parte del PD. Poi,  per salvare l’azione mediatica condotta ad Ostia, aggiunge di “confidare nel Lodo Mirabelli”. Franco Mirabelli è il capogruppo del PD in Commissione Antimafia e una sua modifica all’emendamento contestato avrebbe consentito di non far valere la norma per gli enti commissariati per mafia. A parte che l’emendamento era già stato approvato nella sua versione finale il 14 dicembre (cioè 3 giorni prima!), ma comunque l’emendamento non interveniva (neppure nella sua stesura iniziale) sugli eventuali abusi edilizi, ma solo sul mancato versamento del canone. Esposito, nel cavalcare la tesi ad Ostia dei balneari ‘mafiosi’, neppure si era accorto che, se ci fosse stato l’intervento della Commissione Antimafia come auspicato anche da Orfini, sarebbero stati coinvolti nella sua ‘guerra’ personale anche i concessionari di Bovalino, Bagnara Calabra, Scicli o Scalea, anch’essi comuni marini commissariati per mafia. A correre in soccorso del senatore distratto, anche l’organo di partito, l’Unità che, con un imbarazzante e raffazzonato articolo, ha finito per creare ulteriore caos. Infatti, oltre a riportare le esternazioni di Esposito, ha riportato anche un intervento di Carla Ruoco (deputato M5S) del giugno 2014 in cui evidenziava, con chiarezza, i problemi dei concessionari pertinenziali. Peccato che l’Unità abbia messo sullo stesso piano l’intervento del M5S (confinato ai soli concessionari pertinenziali) con l’emendamento iniziale della Legge di Stabilità 2016 che invece era aperto a tutti i concessionari, seguendo il delirio di Esposito in tandem con Orfini.
Quindi, in odore di smascheramento, il PD dopo 8 giorni dall’errore commesso (speriamo in buona fede) riformula l’emendamento, questa volta rivolto ai soli concessionari pertinenziali. Si evince dunque come Orfini ed Esposito abbiano strumentalizzato una questione delicata e nazionale per diffamare nuovamente l’intera categoria dei balneari di Ostia con metodi di distrazione di massa, che portano lontano dalla verità. Consigliamo ad entrambi di interessarsi del lavoro svolto dai colleghi alla Camera dei Deputati per evitare figuracce mostrando tutto il loro vuoto pneumatico tecnico e politico.

Paula de Jesus per LabUr

mercoledì 2 dicembre 2015

OSTIA, MUNICIPIO X - RELAZIONE ALLA COMMISSIONE ANTIMAFIA


A seguito del comunicato stampa del M5S battuto dall'ANSA ieri sera alle 20.31, poiché domani la Commissione parlamentare Antimafia sarà in missione ad Ostia nel Municipio X di Roma Capitale e poiché diversi cittadini e associazioni sono stati menzionati nelle relazioni alla Commissione sia del Sen. Stefano Esposito (PD) sia del M5S, abbiamo deciso di rendere pubblico, almeno noi, il contributo inviato ieri in forma secretata.

RELAZIONE ANTIMAFIA DESECRETATA

domenica 22 novembre 2015

Acilia, Terrazze del Presidente: dalla prescrizione del reato al blocco del traffico



Lo avevamo scritto il 19 gennaio 2012: il Giudice dell’Udienza Preliminare per le Terrazze del Presidente, dr. Roberto Saulino, aveva liquidato il 13 dicembre 2011 una delle pagine più sporche dell’urbanistica romana con una sentenza buffa che sapeva di beffa. Un boccone amaro per noi di LabUr che avevamo nel 2008 portato alla luce questo scandalo attraverso la trasmissione Report “I Re di Roma”. (LINK)

Avevamo ragione. Il 7 Aprile 2014 infatti, la Corte di Cassazione Penale Sent. Sez. 3 Num. 26339 ha accolto il ricorso della Procura di Roma, annullando i proscioglimenti e facendo tornare gli atti in Tribunale dove dovrà essere riesaminata la richiesta di rinvio a giudizio sulla vicenda de Le Terrazze del Presidente. Il reato di falso condono per la lottizzazione abusiva si prescrive però il 3 dicembre 2015, cioè il giorno prima dell’udienza preliminare. Oltre a Pulcini, sei i dipendenti comunali rimasti coinvolti nella vicenda. Nel caso si fosse arrivati ad una condanna, visto che la lottizzazione abusiva «non è suscettibile di condono», si sarebbe spalancata la via ad una demolizione. Invece ora l’ufficio condono dovrà firmare circa 800 certificati di agibilità.

Ma non è tutto. Nella convenzione, firmata solo nel 2011, sembra sia stata aggiunta una postilla che subordina le opere a scomputo al completamento dei lavori delle unità abitative ferme ancora allo scheletro in cemento armato. Una clausola che di solito si ritrova in molte altre convenzioni, ma che in questa suona beffarda dato il ritardo dei 26 anni accumulato. Ma andiamo con ordine.

La Cassazione ha annullato la sentenza del 13 dicembre 2011 del GUP che dichiarava il non luogo a
procedere per insussistenza dei fatti nei confronti del costruttore Antonio Pulcini e di altre 17 persone (tra cui figura l’ex direttore U.O.T dell’allora Municipio XIII, oggi X, Cesare Tabacchiera) per un grave errore di fondo che vizia l’intera impalcatura della sentenza e a cui aveva fatto ricorso il Pubblico Ministero. Secondo la Cassazione il GUP ha travalicato i limiti assegnatigli dal legislatore in relazione all'esito della udienza preliminare e alle regole processuali che governano la sentenza di non luogo a procedere.
A tutti gli imputati era contestato il reato, in concorso, di lottizzazione abusiva materiale e negoziale di un'area molto estesa (mq 140.449) in località Malafede di Roma ed il conseguente reato di abuso edilizio, entrambi consumati dal 1994 in poi. A taluni imputati (Pulcini, Cantarini, Piras, Lais, Chelini, Guerriero, Lenzini, Rossi, Imbastaro e Tabacchiera) era invece contestato il reato penale di falsa attestazione contenuta in un verbale di sopralluogo del 30 giugno 2003 nel quale, contrariamente al vero, si attestava, secondo l'accusa, la presenza di elementi utili ad individuare l'avvenuto cambio di destinazione d'uso da commerciale/produttivo a residenziale e la corrispondenza dello stato dei luoghi con quello rappresentato negli elaborati depositati. Ad altri imputati (Pulcini, Schirò, Cantarini, Lais, Chelini, Brunotti, Tomassini, Guerriero, Lenzini, Rossi, Imbastaro e Tabacchiera) era contestato il reato penale
di aver indotto in errore il dirigente dell’Ufficio Condono Edilizio, a cui erano state presentate diverse domande di condono, così da ottenere i titoli edilizi con concessioni emesse dal giugno al dicembre 2004; ed infine ad altri imputati (Pulcini, Schirò, Cantarini, Piras, Lais, Chelini, Brunotti, Guerriero, Lenzini, Rossi, Imbastaro e Tabacchiera) era contestato il reato penale di rilascio di concessioni edilizie in sanatoria emesse (dal giugno al novembre 2004) in violazione di legge e con le quali veniva intenzionalmente procurato un ingiusto vantaggio patrimoniale alla EUR Servizi Terziari srl (valutato in circa 100milioni) con particolare riferimento al mutamento di destinazione di gran parte del complesso produttivo da uffici e negozi a scopo residenziale.

Secondo la sentenza della Corte di Cassazione, il GUP avrebbe soprattutto disatteso le regole di giudizio che governano l'udienza preliminare, avendo emesso una decisione di pieno merito sulla vicenda processuale con il ricorso ad un criterio di valutazione improprio in relazione all'epilogo cui è giunto, essendogli demandato dalla legge processuale non di accertare l'innocenza o meno degli imputati, ma esclusivamente di sindacare se gli elementi posti a fondamento dell'esercizio dell'azione penale da parte del pubblico ministero fossero idonei o meno per il sostegno dibattimentale dell'accusa.

Peraltro lo stesso GUP aveva esordito (a pag. 16 della sentenza impugnata) riconoscendo come la vicenda sottoposta al suo vaglio presentasse molteplici profili di indubbia complessità, derivanti dalla consistente mole del coacervo normativo sul quale si erano innestati i procedimenti amministrativi attivati dai committenti per l'ottenimento di titoli edilizi e sanatorie, nonché dalle obiettive problematiche interpretative e di orientamento rinvenute e rinvenibili nella specifica materia, contrassegnata da numerosi e significativi settori di disciplina in cui difficoltà tecniche e questioni di diritto intertemporale si coniugavano in una sinergia talvolta faticosamente penetrabile. E ciò era ampiamente sufficiente per devolvere la materia al giudice del dibattimento, in assenza di una prova di innocenza non facilmente riconoscibile proprio sulla base del formulato incipit.

Questa la ricostruzione in sentenza della vicenda della lottizzazione Le Terrazze del Presidente:

Il 30 maggio 1990 la EUR Servizi Terziari srl consegue la concessione edilizia n.937 per la realizzazione di un complesso produttivo nel Comune di Roma, località Malafede (Via di Acilia), destinato alla realizzazione di uffici e negozi. Il titolo abilitativo era stato rilasciato dal Commissario ad acta della Regione Lazio.  A seguito di impugnativa proposta dal Comune di Roma, l'efficacia di detta concessione fu sospesa dal TAR Lazio con ordinanza del 6 dicembre 1990. Il Consiglio di Stato annullò il provvedimento cautelare con ordinanza del 10 aprile 1991. Il giudizio di primo grado si concluse con l'annullamento della concessione edilizia (sentenza TAR Lazio n.1637 del 28 settembre 1991). La società proprietaria impugnò la decisione del TAR. Con ordinanza 13 dicembre 1991, il Consiglio di Stato, in accoglimento della domanda cautelare formulata dalla società appellante, sospese l'efficacia della sentenza. Quindi, la EUR Servizi Terziari srl (che antecedentemente all'annullamento del titolo aveva apprestato il cantiere ed aveva dato inizio alle prime opere) riprese i lavori, realizzando un complesso di dodici corpi di fabbrica tra loro collegati, per una superficie (lorda) complessiva di circa 110.000 mq. L'esecuzione delle opere fu sospesa in data 2 luglio 1993, poiché, sempre il 2 luglio, il Consiglio di Stato Sez. IV, con decisione interlocutoria, dispose adempimenti istruttori in ordine al grado di urbanizzazione della zona di incidenza dell'intervento edilizio, facendo in tal modo venir meno gli effetti della pronuncia cautelare. Durante la fase di sospensione dei lavori, intervenuta la legge n. 724 del 1994, gli amministratori della EUR Servizi Terziari srl presentarono domanda di condono finalizzata all'ottenimento di sanatoria in ordine alla avvenuta realizzazione di un piano ulteriore (pari a 81 unità residenziali) ed alla regolarizzazione del mutamento di destinazione d'uso (da destinazione produttiva a residenziale) relativo a 724 unità immobiliari. Il piano ulteriore, come era emerso nel corso delle indagini, derivava dal mancato reinterro di una superficie netta di mq 8.502, pertinente ad una porzione dell'edificato rispetto alla quale la concessione edilizia aveva previsto una differente quota d'imposta. Con sentenza dell'1° febbraio 1995, il Consiglio di Stato annullava definitivamente la concessione edilizia n. 937 del 1990, ravvisando la insufficienza di “opere di raccordo con le aree contermini alla zona di incidenza delle opere assentite”. La EUR Servizi Terziari srl presentò allora una nuova domanda di condono e fece richiesta di sanatoria dell'intero edificato (ormai non più assistito da alcun titolo edilizio ed in concreto, secondo quanto prospettato dalla società proprietaria, diretto ad una destinazione d'uso residenziale) richiamando la precedente domanda, richiamo funzionale all'ottenimento della detrazione, dagli oneri dovuti, di quelli già determinati, ed in parte corrisposti, in relazione agli abusi denunciati con la domanda da ultimo indicata, nonché alla integrazione della nuova istanza, da ritenersi comprensiva anche della richiesta di sanatoria del piano ulteriore, realizzato all’origine in assenza di titolo. In accoglimento delle domande di condono sopra menzionate (da prot. n. 86204 a prot. n. 86212), il Comune di Roma rilasciò, in data 7 marzo 2003 ed in data 5 dicembre 2004, n. 970 concessioni edilizie in sanatoria. A seguito di ciò, i legali rappresentanti delle società Terrazze del Presidente SpA, Terrazze del Presidente 52 srl, Terrazze del Presidente 53 srl e Terrazze del Presidente 2004 srl (nel frattempo succedute alla EUR Servizi Terziari srl) presentarono, nel corso degli anni 2003, 2005, 2006, 2007 e 2008, denunce di inizio attività preordinate al frazionamento di parte cospicua delle unità immobiliari facenti parte del complesso edilizio già oggetto di condono, nonché volte al completamento e alla realizzazione di ulteriori opere. L'amministrazione Comunale, dietro conforme parere del proprio ufficio legale, non rilevò alcun profilo di contrasto con la normativa edilizia ed urbanistica e consentì che avesse corso la prosecuzione dei lavori, sospesi dal lontano luglio del 1993 e poi nuovamente interrotti dal decreto di sequestro preventivo successivamente revocato dal GUP.

Dunque, per il GUP, il dr. Roberto Saulino, sulle tavole del PRG era tutto in ordine, bello disegnato, anche se non esistente e non realizzabile. Addirittura per il dr. Saulino non era neppure cambiato il numero di abitanti insediabili a fronte del folle frazionamento concesso dagli uffici capitolini in 1.367 unità immobiliari dalle 724 iniziali: “il numero è dato dal rapporto tra Superficie Utile Lorda ed il parametro fisso di 37,5 mq”. Come dire, poiché sono sempre 110 mila mq, non potranno esserci più di 2.933 abitanti, a prescindere da quanto siano grandi gli appartamenti. Peccato che questo non corrisponda a realtà. Per il dr. Saulino il concetto era semplificabile così: se il Comune di Roma ha considerato le Terrazze del Presidente parte del PRG e se ha stipulato una convenzione con EUR Servizi Terziari srl per realizzare la viabilità locale, c’è compatibilità urbanistica. Questa non solo è una sciocchezza sotto il profilo urbanistico, ma anche nella realtà dei fatti, perché le opere in convenzione, dopo 26 anni, ancora non ci sono.

A peggiorare la situazione interverrà il 3 dicembre 2015 la prescrizione del reato e la concessione dei certificati di agibilità. Lo sblocco di oltre 800 unità abitative rappresenterà per il costruttore Pulcini, per i notai e per le agenzie immobiliari, un guadagno di centinaia di milioni di euro. Basti pensare che ad oggi le case delle Terrazze del Presidente valgono dai 3 a i 3,5mila euro/mq. Questo valore salirà se, come sempre accade, durante la prossima campagna elettorale partiranno le immancabili promesse di far valere i diritti del Comune verso il costruttore per ottenere quelle opere di urbanizzazione primaria previste già dal 1999. Tra queste, il raddoppio della via di Acilia, oggi forse la strada più congestionata di tutto il Municipio X.

Che legame esiste dunque tra la mancata realizzazione delle opere viarie (tutte ferme da 26 anni) e la prescrizione del reato con conseguente sblocco dei certificati di agibilità?  Si termineranno le unità immobiliari incompiute con ulteriore aggravio per la rete viaria esistente? C’è almeno la speranza che, incassando centinaia di milioni di euro, Pulcini realizzi le opere a scomputo degli oneri concessori?
Una risposta la si evince dalle vicende tortuose e mai chiarite della firma della convenzione tra Pulcini ed il Comune di Roma (delibera di Giunta Comunale n.115 del 26 gennaio 1999, Sindaco Francesco Rutelli). La convenzione sarebbe stata firmata, secondo l'ex-Assessore comunale ai Lavori Pubblici della giunta Alemanno, Fabrizio Ghera, solo a inizio novembre 2011, accompagnata dal versamento di una fideiussioni a garanzia di tali opere di circa 13 milioni di euro. Entro la fine del 2011 era prevista l'apertura dei cantieri per la viabilità accessoria e quello per il raddoppio della via di Acilia. Nulla di tutto ciò è mai avvenuto. Le ultime pubbliche notizie sono state date il 14 aprile 2015 dall'ex-capogruppo PD in Campidoglio, Francesco D'Ausilio (dimessosi a seguito delle intercettazioni di Mafia Capitale), raccolte in un dossier consegnato all'allora Sindaco Marino:

Raddoppio via di Acilia:
opera a scomputo convenzione urbanistica Terrazze del Presidente. Convenzione urbanistica 2011. 12 mln opere. Opera principale (raddoppio via Acilia), realizzata solo un quarto (circa), tratto da via Ghiglia a via F. Usellini.
Attori in gioco:
Roma Capitale: Ass.to LLPP (Pucci), Dipartimento Periferie (Ing. Martinelli)
Italgas
realizzatore opera: EUR Servizi Terziari srl (DL: ing. Fabrizio Cantarini, costruttore: Pulcini)
Problema:
a causa di un contenzioso con Italgas sulla presenza di tubazioni che intersecavano la futura galleria dei sottoservizi del raddoppio della via di Acilia, i lavori per una gran parte del tratto di raddoppio sono fermi da circa due anni. Sono andati avanti solo lavori di realizzazione nuova cabina Italgas e conclusione rotatoria via Menzio. Il Municipio da settembre 2013 ha sollecitato e convocato riunioni e commissioni. Il Presidente [Andrea Tassone, arrestato il 4 giugno 2015 per Mafia Capitale n.d.r.] aveva scritto al Sindaco. A febbraio 2015 il Municipio ha nuovamente posto il tema all’attenzione di Roma Capitale, all’Ass. Pucci. In un’ultima riunione la linea condivisa sembrava essere quella di verificare la possibilità di far spostare a Italgas le tubazioni all’interno delle risorse definite nella convenzione, in modo che EUR Servizi Terziari srl potesse riprendere i lavori senza poter addurre altre giustificazioni. Ad oggi il Municipio non sa l’esito di questa trattativa e come la vicenda possa andare avanti.

Prescindendo dal presunto illecito delle opere per la nuova cabina Italgas (LINK) e dal fatto che Andrea Tassone è stato finanziato per la campagna elettorale del 2013 proprio dalla famiglia Pulcini (LINK), ad oggi è tutto di nuovo fermo. Della convenzione del 2011 neanche l'ombra.

Solo questi i guai? Purtroppo no. Oltre alla libera vendita di oltre 800 unità immobiliari e alla permanente congestione del traffico su via di Acilia, sembra anche che nella convenzione sia stata aggiunta una postilla che subordina le opere a scomputo al completamento dei lavori delle unità abitative ferme ancora allo scheletro in cemento armato. Una clausola che di solito si ritrova in molte altre convenzioni, ma che in questa non sarebbe dovuta nemmeno essere contemplata visto il ritardo di 26 anni accumulato.

Dunque, se le opere a scomputo (il raddoppio della via di Acilia ed il sottopasso della Via Cristoforo Colombo) saranno ultimate 3 mesi prima della fine dei lavori possiamo tranquillamente trasformare la via di Acilia in un parcheggio regolato da semaforo.

Paula de Jesus per LabUr

giovedì 20 agosto 2015

Giubileo: piano interventi e visioni mistiche a Tor Vergata



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Con l’emanazione della Bolla papale “Misericordiae vultus” il Santo Padre ha indetto, in data 11 aprile 2015, il Giubileo straordinario della Misericordia, fissando alla data dell’8 dicembre l’apertura dell’Anno Santo.
Il 17 aprile l’Assessore alla Trasformazione Urbana, Giovanni Caudo, dichiarava alla stampa che, in occasione del Giubileo, ci sarebbe stato un restyling delle periferie con ben 38 interventi fuori dal GRA, di cui i primi 10 da completare entro il 2015 ed altri 10 nei primi mesi del Giubileo, per un importo totale di spesa intorno ai 95 milioni di euro, di cui solo 47 straordinari. Addirittura Caudo ha lanciato la proposta di una nuova Basilica per il Giubileo a Tor Vergata dal costo di 3,5 milioni, la cui prima pietra sarà posata da Papa Francesco. L’obiettivo di Caudo è quello di rifare piazze e piste ciclabili per le chiese, “ricucendo così le periferie”.
Dopo un breve periodo, gli interventi attorno al GRA da 38 scendono a 29, in 10 luoghi e 21 parrocchie. 69 milioni di euro di opere tutte in attuazione del piano regolatore. La versione ricambia il 6 agosto, alla data dell’adozione della delibera di Giunta Capitolina e gli interventi passano a 16.
La deliberazione di giunta capitolina n°274 del piano degli interventi (che dovrà essere trasmessa alla Presidenza del Consiglio dei Ministri per le autorizzazioni), sottolinea, sinteticamente, che il Piano rispetta un elenco di obiettivi strategici tutti volti a migliorare la mobilità, fluidificare il traffico e ridurre l’inquinamento atmosferico e acustico. E siccome mancano pochi mesi, bisogna “abbreviare i tempi di affidamento degli interventi” e dunque la Giunta Capitolina chiede che gli Uffici, in accordo con la Prefettura di Roma, predispongano tutti gli acceleratori necessari al raggiungimento dell’obiettivo. La trasparenza, la tempestività ed efficacia dei lavori sarà controllata da una struttura interdisciplinare apposita di cui però non viene specificato nulla.

GLI INTERVENTI
Vediamo gli obiettivi. 131 gli interventi in elenco, ma si scopre che per 102 di loro (il 78%) “i tempi previsti dalle procedure ordinarie non consentono la realizzazione dell’opera in tempo utile per l’evento giubilare“, 15 sono in “contrazione dei tempi di realizzazione” e per 14 si deve garantire la tempestiva realizzazione delle opere rispetto alla data di inizio del Giubileo. Si scopre anche che per migliorare la mobilità, fluidificare il traffico e ridurre l’inquinamento atmosferico e acustico, sono necessari, incredibile ma vero, incrementi delle operazioni di pulizia settimanale nelle strade, raccolta differenziata nelle aree verdi, incremento dei cestini per la differenziata, fornitura eco-box, bagni chimici, 80 mezzi a vasca che hanno bisogno di un presidio, una centrale operativa e un help-desk dedicati a cui si sommano il presidio per pulizia e igienizzazione dei bagni e punti informativi in loco, il porta a porta del Municipio I, lavaggio delle strade per contenere le polveri, rimozione di future scritte adesive abusive, derattizzazione e disinfestazione, rimozione discariche abusive per futuro abbandono indiscriminato dei rifiuti, manutenzione delle aree verdi, acquisto materiali per allestimenti floreali, acquisto arredo urbano, acquisto automezzi e attrezzature tecniche specialistiche e DPI. Totale voci 17 di decoro urbano dentro ad una futura ordinanza sulla mobilità.
Tra le opere da realizzare si fanno apprezzare sagrati in area vaticana, che non si comprende perché debbano pagarli i cittadini, piste ciclabili verso chiese che non esistono e amenità su questa falsa riga, che tratteremo in dettaglio nelle prossime settimane. Per 84 di esse la stima, secondo l’Assessore ai Lavori Pubblici, Maurizio Pucci, è di 200 milioni di euro. Per le altre 47 non si sa. Nel frattempo il Campidoglio ha ipotecato 50 milioni di euro del gettito che arriva dalle tasse pagate dai romani, che saranno anticipati dal mutuo della Cassa Depositi e Prestiti. 125 milioni sono stati stanziati in bilancio dal Comune di Roma lo scorso aprile. E siamo a 175 milioni. Ne mancano 25 per raggiungere i 200 milioni di Pucci per le 84 opere, e ancora nulla si sa sulle restanti 47.
L’aspetto che vale la pena rimarcare è il seguente. Pucci è già stato commissario alle opere per il Giubileo del 2000 e l’attuale Prefetto, Franco Gabrielli, allora era a capo della Digos di Roma, poi promosso direttamente dal vicequestore a capo dei Servizi segreti, dunque nominato prefetto di L’Aquila e infine a delfino di Bertolaso nella Protezione Civile Nazionale e poi a capo della stessa.

Il traffico di Roma già nel 1971
L’EMERGENZA SINE DIEM
La Protezione Civile nazionale si è preoccupata dal 2006 fino al 2012 della situazione del traffico e della mobilità a Roma, affidando i poteri di Commissario delegato al Sindaco della Capitale. Depotenziata la Protezione Civile con la legge 10/2011, dal 2013 ad oggi gli stessi poteri sono rimasti attribuiti al Sindaco di Roma, grazie a un ingegnoso stratagemma. Con Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, D.P.C.M. 4 agosto 2006 (“Dichiarazione dello stato di emergenza determinatasi nella città di Roma nel settore del traffico e della mobilità“, Pubblicato nella Gazz. Uff. 9 agosto 2006, n. 184) il Presidente del Consiglio dei Ministri ha decretato ai sensi e per gli effetti dell’art. 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, lo stato di emergenza nel settore del traffico e della mobilità nella città di Roma.
Successivamente con Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri, O.P.C.M. 26 settembre 2006, n.3543 (“Emergenza nel settore del traffico e della mobilità a Roma. Interventi urgenti di protezione civile diretti a fronteggiare l’emergenza determinatasi nel settore del traffico e della mobilità nel territorio della Capitale della Repubblica”, Pubblicata nella Gazz. Uff. 30 settembre 2006, n.184) il Presidente del Consiglio dei Ministri ha nominato (con poteri di Protezione Civile) il Sindaco di Roma, Commissario delegato per l’attuazione degli interventi volti a fronteggiare l’emergenza dichiarata nel territorio della Capitale.
La costituzione della struttura commissariale è stata regolata con Ordinanza del Commissario delegato n. 1 del 11 ottobre 2006, emanata in applicazione dell’art.2 dell’ordinanza 3543. Per effetto di tale ordinanza si è provveduto: alla nomina dei Soggetti attuatori, all’istituzione del Comitato di coordinamento per l’emergenza traffico e mobilità, all’istituzione dell’Ufficio speciale emergenza traffico e mobilità e alla redazione di un dettagliato Piano degli Interventi.
Poco è nulla è stato fatto in 6 anni, tant’è che il sindaco del Comune di Roma (cioè, il Commissario delegato) ha chiesto ed ottenuto, anno per anno, con successivi D.P.C.M., la proroga dello stato d’emergenza, al fine di consentire la prosecuzione delle iniziative programmate all’interno del suddetto Piano degli Interventi, fino al 31 dicembre 2012.
A partire dal 1 gennaio 2013 “non è stata predisposta alcuna proroga dell’emergenza in questione“. Infatti, a specifico esposto di LabUr, venne confermato che era ancora in corso di definizione “l’ordinanza del Capo del Dipartimento della Protezione Civile con cui viene disposto il subentro dell’Ente ordinariamente competente, cioè il Comune di Roma” (Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento Protezione Civile, prot.n. CTZ/0010044 del 15 febbraio 2013 a firma autografa dell’allora Capo del Dipartimento, Franco Gabrielli).
Solo il 26 aprile 2013, con il decreto legislativo n.51 (“Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 18 aprile 2012, n. 61, concernente ulteriori disposizioni di attuazione dell’articolo 24 della legge 5 maggio 2009, n. 42, in materia di ordinamento di Roma Capitale”) con l’articolo 1, comma 4, veniva aggiunto all’articolo 10 del decreto legislativo n.61 del 2012, il seguente comma:
«1-bis. Per l’attuazione degli interventi da effettuare sul territorio di Roma Capitale per rimuovere le situazioni di emergenza connesse al traffico, alla mobilità ed all’inquinamento atmosferico o acustico, il Sindaco provvede con proprie ordinanze, anche in deroga ad ogni disposizione di legge e comunque nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico, in esecuzione di un piano autorizzato con delibera del Consiglio dei Ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei Ministri, nonché nei limiti e secondo i criteri indicati nella stessa delibera, con oneri a carico di Roma Capitale».
Insomma, si era depotenziata la Protezione Civile, ma per la città di Roma i poteri di protezione civile rimanevano gli stessi solo che il ‘potere assoluto’ lo aveva il Sindaco di Roma (senza alcuna necessità di proroga annuale), soprattutto i poteri “per rimuovere le situazioni di emergenza connesse al traffico, alla mobilità ed all’inquinamento atmosferico o acustico”, cosa mai riuscita a Roma nei precedenti 6 anni. Siamo all’emergenza sine diem.
Pensavamo di aver sconfitto la logica di “governance” dei Grandi eventi a carattere strutturale, una vera e propria Shock Economy all’italiana in cui hanno proliferato le Cricche del capitalismo nostrano. Di aver debellato la prassi che ha sottratto l’iniziativa del Governo ad ogni controllo istituzionale e finanziario da parte del Parlamento e della Corte dei Conti e che, insieme all’abuso della decretazione d’urgenza, ha contribuito a stravolgere l’ordinamento costituzionale. Ci siamo sbagliati. A 3 mesi dall’inizio del Giubileo della Misericordia, ci troviamo che si svuota di poteri una parte, ma si riempie di poteri un’altra, ma gli uomini sono sempre gli stessi. Tutto questo mentre va in onda Mafia-Capitale e sulla “struttura interdisciplinare apposita” dedita al controllo non si dice nulla. Il controllore va a braccetto con il controllato, e si paventa di nuovo il ‘potere assoluto’, questa volta non più nella mani della Protezione Civile, bensì del Prefetto Gabrielli. Ancora lui.

Il sito dove sorgerà la nuova chiesa.
Sullo sfondo, la 'vela' incompiuta di Calatrava
foto di pdj
IL CASO EMBLEMATICO DELLA CHIESA DI TOR VERGATA
La storia della Basilica a Tor Vergata è molto diversa da come l’ha raccontata alla stampa l’Assessore Caudo (*). E’ legata alle vicende della Parrocchia Maria Regina della Pace, appartenente alla Diocesi di Frascati. In via di Tor Vergata 309 la comunità locale aveva costruito a proprie spese, dopo il Giubileo del 2000, una chiesa in legno andata distrutta da un casuale incendio scoppiato il 21 novembre del 2012. Il luogo, dai fedeli, viene ancora oggi definito “un piccolo paradiso nel deserto di Tor Vergata“, visto che non c’è nulla (neppure l’asilo nido promesso dal 2001), nonostante siano costretti a svolgere le attività pastorali e di culto nei container della Protezione Civile, “quei simil-barattoli di ferro, mt. 3x15x2,20, per intenderci, che nemmeno ai terremotati danno più“. Qui è ospitata anche la Caritas, che però d’estate va in ferie.
E’ di questi giorni la forte contestazione del comitato locale contro la Curia Vescovile di Frascati, nella persona del suo Vescovo, Mons. Raffaello Martinelli. L’accusa è di negligenza, “perché non si può restare senza una Chiesa dopo 15 anni“. La situazione della ‘costruenda’ chiesa è la seguente. La nuova chiesa di Tor Vergata deve rispettare la competenza della CEI (principale finanziatore dell’opera) sul come realizzarla (criteri architettonici e liturgici). L’ultimo progetto è stato bocciato dalla CEI a novembre 2014, ma lo studio SER.T.ING è stato riconfermato (indicato già oltre 8 anni fa, quale studio architettonico incaricato della progettazione). Dunque ad oggi, lo studio SER.T.ING sta lavorando per presentare alla CEI, entro la fine del 2015, il progetto completo definitivo ed esecutivo della nuova chiesa, per la sua approvazione ufficiale, mentre si sta completando la pratica burocratica-amministrativa con il Comune di Roma.
A questo punto non si capisce la posizione di Caudo che sembra non conoscere la questione e che parla per quell’area solo della sistemazione di un parco archeologico antistante la ‘costruenda’ (?) chiesa, quando ancora della chiesa non c’è neppure il progetto. Cosa c’entra il parco archeologico (i cui ritrovamenti sono di modesta fattura se confrontati con altri della campagna romana, abbandonati) con il Piano degli Interventi straordinari per l’evento giubilare? E cosa c’entra con il meccanismo della Protezione Civile volto a migliorare ‘traffico e mobilità‘?
In assenza di risposte (e di misericordia), invochiamo almeno pietà per i cittadini.

(*) GIUBILEO, CAUDO: PER ANNO SANTO 11 INTERVENTI “OLTRE-GRA”
Un Giubileo oltre-Gra. Saranno 11 gli interventi realizzati nell’immediato che diventeranno il lascito che resterà alla città anche dopo l’Anno Santo della Misericordia. “In queste ore siamo impegnati a cogliere l’opportunità del Giubileo della Misericordia perche’ a Roma, quella che vive oltre-Gra, resti il lascito importante dell’Anno Santo ‘di strada’, migliorando le condizioni di vita di chi ancora aspetta strade, piazze, spazi verdi. Abbiamo individuato luoghi e interventi, 11, per un ammontare di circa 6 milioni e li abbiamo presentati ieri sera alla presidenza del Consiglio per avere agevolazioni per i tempi di realizzazione”. Lo ha annunciato l’assessore all’Urbanistica, Giovanni Caudo, durante la conferenza stampa di illustrazione dei risultati dei primi due anni di mandato. “Il Giubileo deve servire a ricucire la città. Si tratta di piccoli interventi ma significativi che possono essere realizzati nell’immediato. Noi avevamo 29 interventi nel cassetto, opere che dovevano essere realizzati in 10 luoghi per totale per 69 milioni di euro. Noi abbiamo individuato una lista più ristretta di 11 interventi per il Giubileo”, ha aggiunto Caudo. Gli 11 interventi sono a Ponte di Nona-Castelverde, Tor Bella Monaca, Tor Vergata, Primavalle, Fidene-Val Melaina, San Basilio. (6 agosto 2015) (omniroma.it)